Il linguaggio della Terra
Il ciclismo è un'arte in cui l’esperienza vince, quasi sempre. È una disciplina scolpita nella fatica e nella determinazione, dove ogni curva cela un nuovo insegnamento.
Nell’universo della bicicletta ci sono maestri che ci guidano nella scelta del mezzo perfetto, insegnandoci a prendercene cura come si farebbe con un amore fragile. Poi ci sono coloro che studiano la biomeccanica del corpo, trasformandoci in macchine armoniose, pronte a sprigionare pura potenza mentre percorriamo la nostra strada.
Esistono maestri che, se non fosse stato per quel piccolo e imprevedibile incidente, avrebbero solcato le strade del professionismo. Sono quelli che, con lo sguardo rivolto al passato, raccontano di corse vinte da ragazzini, con ricordi a volte gonfiati dal trascorrere inesorabile del tempo, ma che brillano ancora negli occhi di chi li ascolta.
Nel tentativo di scrivere queste parole, mi sono interrogato a lungo su chi fosse il nostro vero maestro, colui che, al di sopra di tutto, ha qualcosa da insegnare a ciascuno di noi ciclisti. Giorni di riflessione mi hanno lasciato in silenzio, senza risposta, finché, parlando con un caro amico, ho osato porre a lui la domanda. La sua risposta è stata limpida e immediata, quasi ovvia nella sua semplicità: il paesaggio.
L'ambiente, la natura, è il filo invisibile che lega ogni ciclista, al di là della disciplina, sia essa strada o sterrato, competizione o semplice allenamento per perdere qualche chilo.
È impossibile non avvertire l'armonia che si crea quando pedaliamo immersi in un mondo che non ci appartiene, ma che ci accoglie con generosità, lasciandoci sempre qualcosa in più, se solo siamo disposti ad ascoltarlo.
Le montagne, con le loro salite interminabili, ci insegnano la perseveranza e la forza interiore; i venti ci mostrano l'importanza dell'adattabilità, costringendoci a trovare nuove vie per affrontare le difficoltà. Le foreste ci offrono pace e riflessione, regalandoci momenti di quiete in cui ascoltare i nostri pensieri. I corsi d'acqua, infine, scorrono liberi oltre le avversità, senza opporre resistenza, insegnandoci a essere flessibili e a rimetterci in gioco, abbandonando preconcetti e rigidità.
Per queste ragioni, ogni volta che pedalo, sia in solitudine che in compagnia, immerso tra questi maestri silenziosi, torno sempre con qualcosa di nuovo da raccontare, un pezzo di strada in più nel cuore, qualche chilometro di esperienza che mi guiderà non solo nel prossimo viaggio in bicicletta, ma anche nei sentieri della vita quotidiana.
Ringrazio Federico, amico e compagno di avventure, per avermi aperto gli occhi su ciò che questa passione lascia davvero nel cuore. Spesso sono io a insegnarti qualcosa sulla bicicletta, ma questa volta, sei stato tu il mio maestro.
Testo: Fabio Conti
Foto: Andrea Pialorsi @andreapialo