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Sauvage Squad @The Hills gravel race 2025

Sauvage Squad @The Hills gravel race 2025

Il mio primo assaggio di "Gravel Race" – Tra fango, fatica e nuove prospettive.

Ho scoperto il mondo gravel molto più recentemente di quanto mi piacerebbe ammettere. Per fortuna, giusto un attimo prima che diventasse “la tendenza del momento”. Per me tornare a pedalare senza l’ossessione degli allenamenti, dei cronometri e delle classifiche è stato un vero sollievo. Un ritorno alle origini, al motivo per cui, più di dieci anni fa, mi sono innamorato della bicicletta: la libertà di esplorare, il gusto di perdersi tra nuovi paesaggi, immersi nella natura e circondati da amici che condividono la stessa passione.

Faccio questa premessa per spiegare il mio iniziale sconcerto quando ho iniziato a sentire parlare di “gravel race”. Mi chiedevo come fosse possibile: come può il gravel trasformarsi in gara? Non era forse il rifugio di chi fugge dalla pressione delle prestazioni, delle tabelle e dei risultati?

La verità è che la competizione vive dentro ognuno di noi. C’è chi la abbraccia per superare se stesso, chi per confrontarsi con gli altri e chi, invece, la teme perché si sente giudicato – prima di tutto dalla propria coscienza. Forse la competizione non è qualcosa da cui possiamo davvero fuggire. Possiamo evitarla, certo, ma eliminarla del tutto sembra un'impresa più ardua del previsto.

In fondo, una forma di sfida nel gravel c’è sempre stata. Una sfida più intima, personale: contro i propri limiti, contro le difficoltà del percorso, contro il tempo e la fatica. Ore e ore di pedalate tra asfalto, single track, sentieri da fare a piedi e strade dissestate. Senza regole, senza supporto, completamente autosufficienti. Per me, questa è l’essenza dell’avventura.

Quando però sono arrivate le classifiche, le gare da 100 km con bici da strada “gravelizzate”, ho pensato: ok, il gravel è finito. Forse è il momento di trovare un nuovo tipo di bicicletta.

Ma ho imparato che prima di giudicare, è sempre meglio provare. Così ho deciso di iscrivermi a The Hills Gravel Race, organizzata da uno dei nomi di riferimento del gravel italiano: Mattia De Marchi.

È stata l’occasione perfetta per coinvolgere alcuni ragazzi del team Sauvage, motivati e pronti a mettersi in gioco con le giuste ambizioni... e le gambe per sostenerle. A ottobre eravamo già iscritti e, prima ancora di rendercene conto, stavamo guidando verso Spresiano, al Lago Le Bandie (Treviso).

Sulla carta, il percorso non sembrava nemmeno troppo impegnativo, quasi da prenderlo in giro: “Se questo è gravel… 180 km per poco più di 2000 metri di dislivello? Roba da ridere!” Sì, c’era anche un percorso più breve, di soli 90 km.

Visto che ero in doppia veste – quella di “organizzatore” oltre che di (semi)atleta – ho optato per il tracciato corto. Una scelta saggia per godermi anche l’arrivo dei nostri veri “cavalli da battaglia”: Lore, Mala ed Ema.

Le previsioni meteo, però, non promettevano nulla di buono: pioggia, fango e temperature poco amichevoli. Eppure, fino allo start, non avrei mai immaginato una giornata così… rock.

Sono bastate poche pedalate per trasformarsi in statue di fango. La bici gridava a ogni cambiata, i freni stridenti chiedevano tregua da un inferno che, come sempre, dopo il trauma iniziale, finiamo per adorare. Il tracciato era tutt’altro che banale: pochissimo asfalto, tanta terra e sentieri perfetti per un weekend di diluvio. Nonostante lo spirito competitivo fosse palpabile, nel mio gruppo si scherzava, si rideva e si gareggiava per chi avesse la faccia più infangata.

Sono state quattro ore di autentico gravel, in bilico tra fatica, condizioni al limite e resistenza mentale. Il percorso corto mi ha salvato dalla follia, e devo dire: massimo rispetto per chi ha completato il vero “Big Hills” da 180 km.

Lore e Mala si sono difesi alla grande nella loro prima vera esperienza gravel, mentre Ema ha gestito lo sforzo con intelligenza, arrivando al traguardo con uno di quei sorrisi che raccontano molto più di qualsiasi classifica.

Al di là dei risultati, The Hills è stato un weekend ricco di spunti. Un ambiente giovane, fresco, con tanta voglia di interpretare il ciclismo non solo come sport, ma come stile di vita. La ricerca del look giusto, della bici più bella (e performante), ha aggiunto quel tocco di atmosfera che trasforma un evento ciclistico in un vero happening. E questo ci piace.

Se la competizione deve entrare nel mondo gravel, sono felice che lo faccia così: con stile, inclusione, musica e tanta passione. Un contesto che coinvolge tutti, anche chi non ha una bici. Forse il “gravel race” non sarà il mio pane quotidiano, ma una cosa è certa: a The Hills ci torno eccome.

Parole: Fabio Conti

Fotografie: Andrea Pialorsi

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