Il cielo di Lorenzo

Ho avuto il piacere di conoscere Lorenzo Barone grazie a Marea, un evento dedicato al mondo dei viaggi e del cicloturismo, dove era ospite di un talk.
Ero io a doverlo intervistare e, come sempre, per evitare gaffe e prepararmi a un dialogo vero e costruttivo, ho iniziato a documentarmi su di lui. Video, podcast, e soprattutto il suo libro — che mi ha colpito profondamente. Non solo per ciò che racconta, ma per come lo fa: credo che rifletta in modo autentico la sua personalità.

Di solito non rimango affascinato dai viaggiatori estremi. Mi incuriosiscono, certo, ma non mi sono mai soffermato davvero sulle ragioni profonde del viaggiare, del vivere fuori dai paradigmi in cui siamo cresciuti. Forse per una mia mancanza, non ho mai esplorato il senso di rompere gli schemi, di disobbedire — dolcemente — a una vita già scritta.
Lorenzo è un ragazzo giovane. Più di me, sì, ma non di molto: siamo cresciuti nella stessa epoca, sotto lo stesso cielo. Ed è per questo che mi ci rivedo. Un ragazzo con le stesse premesse di molti di noi: la scuola, le scelte per il futuro, le esperienze tipiche dell’adolescenza.

A diciott’anni, io sognavo la macchina. L’emancipazione, la libertà, poter finalmente firmare da solo le giustificazioni senza chiedere il permesso ai miei genitori. Per me, quello era il simbolo dell’indipendenza. Per altri significava molto di più.
Lorenzo, invece, a diciott’anni ha intrapreso il suo primo grande viaggio. Una bicicletta, i risparmi messi da parte e un cuore pieno di energia. Mesi lontano da casa, senza certezze, ma con una direzione. Non stiamo parlando di un contesto estremo o di una situazione particolare. Parliamo di un ragazzo come tanti — come me, come i miei amici — che ha deciso di fare qualcosa che, alla sua età, io non avrei nemmeno immaginato.
Nel suo libro racconta con sincerità cosa significhi davvero partire: staccarsi da tutto, ricominciare ogni giorno, adattarsi alle situazioni senza combatterle. Mutare, evolversi, imparare. Una rivoluzione silenziosa fatta di piccoli gesti, di lente pedalate.

Durante quel weekend a Marea siamo stati noi la sua “situazione”: i suoi amici temporanei, compagni di bicicletta e di chiacchiere. Mi capitava spesso di osservarlo, curioso di ascoltare le sue risposte anche alle domande più semplici: “Da dove vieni?”, “Cosa fai nella vita?”, “Ma ci vivi davvero?”. E le sue risposte lo erano ancora di più: semplici, essenziali, eppure mai banali. Ricche di quel significato profondo che rende Lorenzo una persona rara, almeno per me.
C’è chi ha detto che vive il presente. C’è chi lo ha definito un pazzo — nel senso più affettuoso del termine. Forse è anche questo, ma per me è soprattutto qualcosa di più: Lorenzo è la risposta più semplice a domande terribilmente complesse. Mi ha fatto tornare alla mente il “Rasoio di Occam”, quel principio filosofico che invita a preferire la spiegazione più semplice, quella che richiede meno assunzioni inutili. E forse, davvero, è così: le risposte più vere sono spesso quelle più essenziali, anche se facciamo di tutto per complicarcele.
Gli ho chiesto come fa a fidarsi, a bussare alle porte di sconosciuti, a dormire e mangiare con chi non ha mai visto prima. Mi ha risposto con naturalezza: “Se ti poni in modo semplice e sincero, il mondo ti risponde allo stesso modo”.

Si è liberato di tutto ciò che per noi sembra indispensabile. E non voglio cadere nel banale elogio del detox tecnologico, diventato ormai una moda quanto il suo contrario. Non è quello il punto. Il punto è che spesso non abbiamo più voglia di guadagnarci la vetta. Sappiamo che qualcosa — o qualcuno — ci porterà comunque su.
Ma Lorenzo, quella vetta, se l’è conquistata. Più volte. Vivendo una vita fuori dalle logiche che pensavo immutabili. Ora sta preparando un nuovo viaggio, che vi invito a scoprire. Ce l’ha raccontato con una tale semplicità che, per un attimo, ho pensato davvero di volerlo seguire. Anche solo pensarci, per me, è già una sfida.

Io sono felice della mia vita. Accetto i limiti e i vantaggi di quello che faccio. Provo sempre a migliorare ciò che posso, ma non pretendo di cambiare tutto. Però, Lorenzo, ti ringrazio, perché quel weekend passato con te mi ha lasciato qualcosa. Un invito gentile a semplificare, a lasciare andare le paturnie inutili. A credere che la sincerità e la semplicità possano essere la nostra bussola, il nostro cielo stellato.
Da oggi, nel mio piccolo, proverò a condividerlo anche io, ogni tanto, quel cielo. In fondo, non è poi così lontano.
Parole: Fabio Conti
Fotografie: Alessio Ghiselli (talk) - Valentina Savio (talk) - Marco Casadio (bike ride)